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Chronis BOTSOGLOU


(1941 - 2022)

Chronis Botsoglou nasce a Salonicco nel 1941. Si forma fin dalla tenera età presso Sarafianos, che era il suo mentore, prima di iscriversi all’Accademia di belle arti di Atene, dove studia dal 1960 al 1965 con una borsa di studio, formandosi nello studio di Yannis Moralis. Nel 1970 Botsoglou si reca a Parigi per approfondire i suoi studi presso l’École Nationale supérieure des beaux-arts, grazie a una borsa di studio di due anni.

La sua prima mostra, al Centro per le applicazioni tecnologiche (showroom K.T.E.) di Atene, ha luogo quando [ancora studente, nel 1964. Le opere di questo periodo rappresentano oggetti industriali quotidiani (telefoni, toilette, scaffali per libri) quali simbolo della vita dell’individuo moderno e il senso di alienazione che ne deriva. Come molti giovani artisti, Botsoglou trova fiducia in sé stesso e lo scopo delle sue opere associandosi ad altri pittori emergenti in vari gruppi e unità, come l’Art Group A (1960–1967), il centro di arti figurative (1974–1976) e il gruppo per la comunicazione e l’istruzione nell’arte (1976–1981). Fonda inoltre il movimento “Nuovi realisti greci” (1971–1973) quando è diventato un artista affermato. Nel 1989 viene eletto professore all’Accademia di belle arti, di cui ricopre anche la carica di rettore dal 2001 al 2005 e dove insegna fino al 2008.

Dopo gli anni ’60, l’attenzione si sposta più esplicitamente sulla figura, sul corpo dell’artista e su quello delle persone che lo circondano. Soggetto senza tempo, la figura antropomorfa viene esplorata come una metafora della condizione umana, dove la tela è la pelle che registra il viaggio della vita. Generalmente antropocentrica ma anche autobiografica, questa riflessione si evolve tra il 1993 e il 2000 in una serie intitolata Nekya, riferimento all’undicesimo libro dell’Odissea, in cui Botsoglou esplora il ricordo di persone importanti della sua vita che sono decedute.

Secondo quanto dichiarato dall’artista stesso, i suoi temi sono dettati dalla necessità di esplorare le relazioni, esplicite e implicite, alla ricerca della conoscenza di sé; una ricerca che secondo l’artista porta a considerazioni più cupe derivanti dalla propria coscienza di sé: solitudine, paura e morte.

Tali ricche considerazioni artistiche attraversano gli anni in innumerevoli mostre tra cui diverse retrospettive: la Galleria d’Arte Municipale di Rodi (1986), il Centro Vafopouleio di Salonicco (1991), la Galleria d’Arte delle Cicladi a Ermopoli, Siro (2008) e il Museo Nazionale d’Arte Contemporanea di Atene (2010). Botsoglou è oggetto di una monografia nel 2009. Pubblica inoltre diversi libri: Imerologia Taxidia (diario di viaggio) nel 1994, Pseudodokimia (pseudo-saggi) nel 2000 e To Chroma tis Spoudis (il colore dello studio) nel 2005, che comprende i suoi scritti sulle arti. Nel 1998 pubblica le sue poesie in una raccolta intitolata Spoudi sto Mavro (studio sul nero).

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