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Peter KALKHOF


(1933 - 2014)

Peter Kalkhof nasce a Stassfurt nel 1933. La famiglia vi rimane fino al 1944, quando fugge a Neundorf passando per Berlino, dove il padre muore tragicamente durante la battaglia di Berlino. Nel 1946 i superstiti della famiglia Kalkhof riescono ad arrivare nella zona di occupazione britannica a Braunschweig e infine a Herrhausen am Harz.
Fin da bambino Peter Kalkhof esprime un interesse per il potere estetico del colore. Non c’è da stupirsi quindi che abbia scelto un percorso artistico portando a termine un apprendistato in chemigrafia a colori a Braunschweig e studiando pittura alla Werkkunstschule, sempre nella stessa città, con Bruno Müller-Linow (1952-1955). Dal 1956 al 1960 approfondisce le conoscenze pittoriche all’Accademia statale di belle arti di Stoccarda – dove gli viene conferito il primo premio per la ritrattistica nel 1959 – mentre studia litografia con Erich Mönch. Grazie a una borsa di studio può continuare il percorso didattico alla Slade School of Fine Art di Londra dal 1960 al 1961, innamorandosi della capitale inglese. Nel 1961 riceve una borsa di viaggio dalla Slade School e gira per le isole britanniche. Dopo gli studi presso l’École des Beaux-Arts di Parigi nel 1962 si trasferisce e si stabilisce a Londra nel 1963, dove vive e lavora per cinquant’anni. Dopo aver lavorato per Curwen Press (litografia) a Londra, nel 1964 riceve una cattedra in litografia e incisione all’acquaforte alla University of Reading. Dal 1970 al 1999 insegna pittura presso il dipartimento di belle arti di quell’università.
Le esperienze vissute nelle capitali europee dell’arte lo fanno entrare in contatto con le teorie e le pratiche avanguardiste che alimentano le sue passioni già esistenti per il colore, le forme e il potere artistico degli oggetti artificiali. Traendo ispirazione dalla storia recente, Kalkhof crea il principio fondante della sua arte, ossia “colore e spazio”, con il desiderio di portare avanti le astrazioni di artisti quali Malevič, Kandinskij e Rothko. I dipinti che ne risultano sono composizioni audaci popolate da linee dritte, griglie e cerchi che contengono blocchi o colori sfumati. L’artista padroneggia ogni fase del faticoso processo, dalla scelta dei materiali alle cornici fatte a mano che racchiuderanno le sue creazioni.
Queste creazioni sono risposte dirette all’osservazione del mondo reale. Kalkhof introduce pertanto i molti viaggi quali parte integrante del suo processo creativo. Nel 1969 (e molte altre volte negli anni successivi) va in California e in Arizona (al Grand Canyon), e visita paesi europei; nel 1973 (1979 e 1992) va in Indonesia; nel 1974 (e 1986) visita il Mexico e lo Yucatán; nel 1975 è la volta di India e Nepal; nel 1976 del Giappone; nel 1977 (e di nuovo nel 2006) va in Cina e in Thailandia; nel 1978 viaggia per l’America meridionale, in particolare in Perù, Ecuador, Bolivia e Cile settentrionale; nel 1980 visita le Filippine, l’Australia, la Nuova Zelanda, le Isole Figi (dove lavora con la popolazione indigena) e le Hawaii; nel 1982 va in Egitto, da Alessandria ad Abu Simbel; nel 1985 viaggia per l’Unione sovietica (Mosca, Novgorod, Leningrado) e per il Sudafrica; nel 1990 visita il triangolo al confine tra Myanmar/Birmania, Thailandia, Laos e l’isola di Koh Samui nel golfo del Siam; nel 2004 va alla scoperta di Santiago del Cile e dell’Isola di Pasqua nel Pacifico meridionale.
La sua prima mostra da solista è organizzata alla Annely Juda Fine Art Gallery nel 1970 dove, per pura coincidenza, si tiene anche la sua ultima mostra nel 2012.
Nel 1997 l’artista pubblica un libro sui gioielli creati dalla moglie, la gioielliera Jeanne Thé, morta l’anno prima.
Kalkhof la segue nel 2014.

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